Effetto radiazioni entro 2 Km

Effetto radiazioni entro 2 Km

“Chi vive entro due chilometri rischia tumori del sangue”
Parla Livio Giuliani, il responsabile dell’Unità Radiazioni dell’Ispesl Livio Giuliani è il responsabile dell’Unità radiazioni dell’Ispesl, l’Istituto superiore per la prevenzione e per la sicurezza del lavoro, incaricato di rilasciare il nulla osta per l’installazione di nuovi impianti.
Dottor Giuliani, le antenne sono pericolose?
«Bisogna distinguere tra basse frequenze, che sono quelle degli elettrodotti, e le alte frequenze, per la radiotelevisione e i cellulari. Nel primo caso, la ricerca è arrivata a risultati conclusivi: quando le emissioni sono superiori a 0,4 microtesla, raddoppia il rischio di leucemia infantile. Teniamo presente che il limite della nostra legge ormai superata è di 100 microtesla».
Cosa succede con le antenne per le televisioni e i telefonini?
«Studi compiuti in Australia e in Inghilterra hanno provato che per le persone che vivono entro 2 chilometri dalle torri di emissione elettromagnetica aumenta il rischio di tumori del sangue e del sistema linfatico».
La situazione delle torri australiane o inglesi è assimilabile a quella dei siti romani?
«Le torri hanno una potenza da 10.000 kilowatt. Le antenne Rai e Mediaset a Monte Mario sono di quell’ordine di grandezza, anche gli impianti a Monte Cavo e a Santa Palomba».
Oltre a studi epidemiologici, cioè basati sull’evidenza delle malattie, ci sono anche studi sperimentali, cioè di laboratorio?
«In Australia hanno lavorato con topi geneticamente modificati per ammalarsi spontaneamente di linfoma. La manipolazione è stata fatta per accelerare i tempi dell’esperimento. Metà di questi topi sono stati sottoposti per 18 mesi ad una radiazione identica a quella emessa da un antenna per gsm, mezz’ora la mattina e mezz’ora il pomeriggio. Ebbene, alla fine dei 18 mesi si è visto che nei topi esposti la probabilità di ammalarsi di tumori era aumentata del 240 per cento. Ora io mi appresto a coordinare un esperimento analogo finanziato dal ministro della Sanità su 4500 topi stavolta non manipolati. Per questo motivo lo studio richiederà un tempo maggiore, cinque anni».
Tratto da La Repubblica 11-9-2000

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